venerdì 26 agosto 2011

Nick Pizzolatto Galveston

Nick Pizzolatto Galveston, Mondadori 2010

voto 9/10

Quello di Pizzolatto si presenta come il classico on the road sulle strade blu americane ( non per niente esce per l'omonima collana della Mondadori, che ricorda lo splendido Blue Highways: a Journey into America di William Least Heat-Moon). Lui è un gangster afflitto da un male incurabile in fuga dai suoi ex capi che lo vogliono morto; sulla strada incontrerà una bellissima giovane prostituta alla quale si unirà una bambina di tre anni. I tre viaggeranno tra Louisiana e Texas, e nel fuggire dai propri demoni incontreranno e si scontreranno con e tra di loro. Si dirà: quindi? Classica trama del genere, banale definizione da manuale. Infatti la trama è tutt'altro che originale, compreso il solito cliché del protagonista che, ormai vecchio, si trova di nuovo a fare i conti con il suo passato. Quello che caratterizza il romanzo, la sua forza, oltre alla piacevole scrittura di Pizzolatto, è lo sviluppo del rapporto del protagonista con le due figure femminili che lo accompagnano. L'autore supera subito le ovvie implicazioni Lolitiane da un lato quanto il ritorno all'innocenza dall'altro; Roy Cady infatti è un eroe davvero postmoderno, azzeccato anche se non certo eccezionale, che, a volte autore a volte vittima degli eventi, affronta il viaggio della vita in modo incoerente, limitato, dolce e opportunista, professionale e impacciato, delineando, ancora una volta, un eroe prima di tutto inesorabilmente umano.




mercoledì 17 agosto 2011

vacanze

mi scuso se è da un po' che non pubblico, ma mi sto godendo le vacanze pure io! grazie per le mail e buon fine agosto, aggiornerò il blog al più presto!

lunedì 18 luglio 2011

Michael Gregorio Critica della Ragion Criminale

Michael Gregorio Critica della Ragion Criminale, Einaudi 2006

voto 8/10

Nei cenni biografici del risvolto si legge solamente “Michael Gregorio insegna filosofia”, e non poteva essere diversamente visto il titolo dell'opera. Forse azzardata ma sicuramente rispettosa la scelta dell'autore ( in realtà degli autori, poiché Michael Gregorio è lo pseudonimo utilizzato dall'inglese Michael J. Jacob e da sua moglie, l'italiana Daniela De Gregorio ), che storpiando il titolo della celebre opera di Kant fa diventare il grande filosofo uno dei protagonisti di un noir ambientato nella Prussia di inizio Ottocento. Una serie di omicidi rituali terrorizza Königsberg, già in allarme per l'avanzare delle truppe francesi, e, con il constante riferimento di Kant, Stiffenis viene chiamato a indagare. L'aspetto narativo più riuscito è sicuramente l'ambientazione; la città è una sorta di New Orleans di inizio Novecento dove, tra fango, nebbia, freddo e ratti si alternano razionalità ed esoterismo, vicende storiche e pretesti narrativi, potere e miseria, tragedie famigliari e sociali. L'idea di Gregorio è sicuramente ambiziosa e originale ( pur rientrando nel filone faction ) ma forse un po' pretenziosa. La narrazione comincia in modo accattivante per poi diventare discontinua, singhiozzante e, inevitabilmente, noiosa. Anche il rapporto di Stiffenis con Kant, chiaro riferimento paterno, poteva essere sviluppato in modo più organico, così come le argomentazioni e le discussioni puramente filosofiche. Nota di merito va invece a Mario Marchetti per la riuscita traduzione italiana, farcita di un lessico ricercato, forse un po' obsoleto ma sicuramente rigoroso e stimolante.


lunedì 27 giugno 2011

John Banville Dove è Sempre Notte

John Banville Dove è Sempre Notte, Guanda 2007

voto 8,5/10

Nell'Irlanda degli anni Cinquanta, un giallo cominciato per caso apre uno scrigno di turpitudine e misteri nell'alta borghesia dublinese. Il dottor Quirke è uno stimato anatomopatologo che si improvvisa detective deciso a risolvere il 'caso' di Christine Falls, che lega la misteriosa ragazza deceduta alla ricca e potente famiglia del medico. Quirke si troverà ad affrontare un omertoso perbenismo deciso a coprire depravazioni fisiche e morali, dal cui turbine di amore e morte, religione, denaro e potere, arriverà, ormai vecchio, a scoprire scioccanti verità tanto su se stesso che sulla realtà che lo circonda. La scrittura di Banville è piacevole e raffinata; il complesso intreccio viene costruito magistralmente con improvvisi picchi rivelatori che accompagnano protagonista e lettore verso la risoluzione del mistero. Quello che non rende eccezionale questo bel libro è un'atmosfera noir po' troppo stereotipata ( lui improvvisato investigatore alcolizzato e inquieto per amori perduti) unita a personaggi credibili e coerenti ma purtroppo deboli e un po' superficiali; una nota stonata in quello che è sicuramente un romanzo ottimo ma, purtroppo, visto le sua potenzialità, non memorabile.

martedì 7 giugno 2011

Joseph Wambaugh I Ragazzi del Coro

Joseph Wambaugh I Ragazzi del Coro, Einaudi 2006

voto 9/10

Se un affermato maestro del genere come Ellroy ritiene Wambaugh lo scrittore che più lo ha influenzato un motivo c'è di sicuro. L'autore de I Ragazzi del Coro è stato, prima di dedicarsi alla scrittura, marine e poi poliziotto a Los Angeles fino al 1974. Proprio di un gruppo di agenti di L.A., e del loro inusuale rito di fine turno, parla questo bellissimo libro. Dieci poliziotti di basso grado sono soliti riunirsi al parco MacArthur una volta 'smontato' per smaltire, tra litri di alcol e sigarette 'donati' dai cittadini e in compagnia di donne lascive, il peso delle proprie vite lavorative e sentimentali. Nella Los Angeles intrisa di Storie di Ordinaria Follia questi antieroi, a volte veramente eroici, altre tragicamente umani, si scontrano con le realtà ai margini della giungla metropolitana di metà anni Settanta, tra prostitute, folli romantici, spacciatori e drogati in un'eco continua di violenza fisica e morale. Bella e piacevole la scrittura di Wambaugh, cruda in immagini e linguaggio senza però tralasciare toccanti momenti tragicomici.


Una volta mi sono beccato due giorni di sospensione quando sono andato a dare la notizia a quella stronza di Watts. Il suo vecchio si era fatto sbudellare a coltellate in una rissa al biliardo. Ho bussato alla porta e quando lei mi ha risposto ho detto: « è lei la vedova Brown?» Lei ha detto « No, non sono vedova» , e io ho detto « Col cazzo che non lo è ».

Jason Buhrmester La Grande Rapina ai Led Zeppelin

Jason Buhrmester La Grande Rapina ai Led Zeppelin, Fanucci 2010

voto 7/10

California anni Settanta, un gruppo di giovani ladri scalcinati si trova in seguito a un'improbabile serie di vicende a pianificare una rapina nientemeno che ai Led Zeppelin. Libro leggero e molto piacevole.

lunedì 23 maggio 2011

Jerry Stahl Io, Ciccione

Jerry Stahl Io, Ciccione Mondadori 2008

' Io, Ciccione' è la trascrizione romanzata dell'autobiografia su dittafono di Roscoe 'Fatty' Arbuckle, il più importante attore americano prima dell'avvento di Chaplin, protagonista del primo grande scandalo hollywoodiano. Quella di Fatty è la classica storia della nascita di una stella, protagonista del american dream, che dopo un'infanzia povera e tormentata arriva ad essere l'attore più pagato del cinema americano, più di un milione di dollari l'anno negli anni Venti, per poi precipitare in inferno infame, che gli costerà tutto, in seguito a un enorme scandalo a sfondo sessuale.

Il libro è diviso in varie parti, a loro volta suddiviso in microcapitoli, nel quale il protagonista racconta la sua storia, che incrocia quella di altre star del periodo come Chaplin o Keaton, costellata di amori improbabili, tradimenti, lusso e povertà, successi e delusioni tra fiumi di droga e alcol. Il libro di per sé è leggibile anche se di certo non eccezionale, anche a causa di un'indulgenza del protagonista verso se stesso che si dipinge come un'anima pura e ingenua in balia degli eventi e dello spietato mondo dello show business. Oltre agli inevitabili aneddoti irriverenti sui colleghi del periodo, la parte più interessante del libro sono i numerosi aforismi e modi di dire del protagonista, che costituiscono l'elemento narrativo più accattivante del romanzo.


Mi spaventai così tanto che lasciai cadere la Guinnes che avevo nascosto sotto il soprabito. Splat! Avevo ancora i nervi a fior di pelle per l'astinenza da eroina. E questo era motivo di superlavoro per l'alcol.

Questa è la cosa più strana quando si ha un mare di soldi: quando finalmente puoi permetterti di pagare in contanti qualunque cosa, tutti vogliono farti credito.

Ingurgitava cocktail con la stessa velocità con cui sollevava il bicchiere dal bancone.

Io sono un credulone- credo sempre a un uomo che dà la colpa dei suoi problemi all'alcol.

L'unica cosa che lavora più lentamente del mio cervello è la mia digestione. E in entrambi i casi finisce tutto in merda, dopo.

Quando ti succede la peggiore cosa del mondo, ti sembra assolutamente reale. È questo che la rende così brutta. È tutto il resto che ti sembra un sogno.

(citando Jonathan Swift) si striscia nella stessa posizione in cui ci arrampica.

martedì 17 maggio 2011

William P. McGivern La città che scotta


William P. McGivern La città che scotta, Feltrinelli 2008

voto 8,5/ 10

Se Guthrie ha dato dalla vecchia Europa una lezione di stile ai colleghi d'oltreoceano, McGivern riassume appieno il filone Hard Boiled americano, anche se con un immaginario (anticipatore) più proiettato verso gli anni Settanta e i suoi gangster movie.

Bannion parcheggiò la macchina nel lago di luce rossastra che l'insegna del locale proiettava sull'asfalto, poi entrò. Dietro al banco di mescita si agitavano tre giovani negri. Il locale era pieno di marinai, soldati, e giovanotti vestiti in modo vistoso. […] Le ragazze del burlesque[...]non erano avvicinabili, e Bannion lo sapeva: avevano il cervello lucido e i corpi stanchi; marinai, soldati e giovanotti nevrastenici non le interessavano affatto. Ma i loro occhi truccati, le loro gambe rasate e gessose, l'aura di illecita lussuria che le circondava bastavano a suscitare negli uomini un'eccitazione rumorosa.

Allan Guthrie La Spaccatura

Allan Guthrie La Spaccatura, Einaudi 2006

voto 10/10

Dalla quarta di copertina: “ Un noir che il « Guardian» ha definito «un debutto sbalorditivo, oscuro e magnifico al tempo stesso». Questo è ' La Spaccatura' di Allan Guthrie. Nella Edimburgo di Irvine Welsh, tra quartieri popolari, piccoli delinquenti, ex galeotti, investigatori delusi da romantiche promesse letterarie, donne infedeli ed eroi improvvisati si snoda una vicenda affascinante e coinvolgente. Un intreccio costruito magistralmente, con un crescendo finale allucinante e sorprendente, un sguardo crudo e disilluso sull'abusato romanticismo di vite ai margini.


Hammet aveva fatto l'investigatore nella vita reale e avrebbe dovuto sapere come stavano davvero le cose. Non aveva scuse per aver fatto apparire eccitante quel lavoro di merda. Non succedeva mai niente. Niente. Zero. Nisba. […] Dovevi rimanertene lì al freddo a osservare il quasi niente diventare un bel cazzo di niente.


mercoledì 4 maggio 2011

Victor Pelevin Dialettica di un Periodo di Transizione dal Nulla al Niente

Victor Pelevin Dialettica di un Periodo di Transizione dal Nulla al Niente, Mondadori 2006

voto 9,5/10

La 'Nuova Russia', della quale fa parte e scrive Pelevin, si rivela sempre di più terreno fertile per lo sviluppo di una letteratura pronta a raccogliere il testimone di un egemonia che dagli anni Trenta appartiene agli Stati Uniti. Le frizioni sociali accentuate dalla crisi del '29 in America trovano nella Russia post sovietica l'alveo ideale per un loro sviluppo parallelo portato però al parossismo. I nuovi ricchi sono ricchissimi, mentre i poveri sempre più poveri. La criminalità, tanto quella piccola quanto quella organizzata, è caratterizzata da un'efferatezza senza limiti, slegata completamente da tradizioni e pseudocodici morali ( a differenza per esempio di quella italo-americana), e si nutre di fiumi di alcool scadente, droga e prostituzione, in una lotta senza quartiere per mantenere il monopolio a dispetto delle altre forze via via nascenti, come ad esempio quella degli 'stranieri' Ceceni. Il 'Russian Dream' si fonda sulla consapevolezza del potere del denaro, grazie al quale si ottenere praticamente tutto, attraverso la corruzione che permea a qualsiasi livello tanto l'amministrazione della legge che quella dello stato. Insomma quel calderone sociale dal quale è nato il filone Hard Boiled, e del quale la nuova Russia è un trasfigurazione affascinante e pittoresca, a volte grottesca a volte tragicamente veritiera.

Gli scrittori della 'Nuova Russia' quindi si trovano quindi stimolati da un lato dalle contraddizioni e dalle disparità sociali derivanti dall'avvento del mercato capitalista, dall'altro dalla consapevolezza di una imprescindibile e gloriosa tradizione letteraria, sempre rispettata anche se a volte un po' rimpianta per la sua inevitabile obsolescenza.

'Dialettica di un Periodo di Transizione dal Nulla al Niente' racconta l'esilarante e poco probabile ascesa al successo Stepan Michajlov, un 'Nuovo Russo ' dell'era Putin. 'Stëpa' fonda la sua vita su una personalissima teoria numerologica fondata sul numero 34 e sui suoi diversi antagonisti, e da essa si fa guidare in tutti gli aspetti della vita, tanto sentimentali, quanto affaristici e personali, in una casuale logicità che nulla ha a che vedere con la razionalità ma piuttosto con un freudiano 'ritorno del superato' da manuale. Guidato dai numeri, da strani guru interpreti delle più disparate dottrine e da improbabili feticci sessuali Stepan si snoda tra capitale, amore, crimine e potere, in una storia che fa dell'assurdo il suo motore e di una paranoica casualità il sistema per affrontare le variabili di una società che a tratti, e solo a tratti, sembra aver perso il suo legame con la sfera del razionale, ma che a volta si ripresenta in tutta la sua tragica fisicità.



lunedì 2 maggio 2011

Stanislaw Lem L'ospedale dei dannati

Stanislaw Lem L'Ospedale dei Dannati, Bollati Boringhieri 2006

voto 7/10

Anche questo un libro piacevole, anche se carico di un potenziale inespresso

Bernard Malamud Ritratti di Fidelman

Bernard Malamud Ritratti di Fidelman, Minimum Fax 2010

voto 7/10

sinceramente mi aspettavo di più. Forse un libro che pretende più di quel che riesce a dare, ma nel complesso una narrativa piacevole anche se avara di spunti meritevoli.

martedì 26 aprile 2011

Gary Shteyngart Absurdistan

Gary Shteyngart Absurdistan, Guanda 2007

voto 10/10

Miša Vainberg è per sua stessa ammissione un moderno (o meglio, decisamente postmoderno) Oblomov; un obeso con un insaziabile appetito compulsivo, indolente e generoso, romantico e torturato da sentimenti ambivalenti per 'l'Amato Babbo', il 1238° uomo più ricco della Russia. Dopo aver studiato all'Accidental College di New York si ritrova di nuovo nella natia ' San Leninburgo', con una circoncisione finita male e un passione sconfinata per gli Stati Uniti, dove non può tornare a causa di un crimine commesso dal padre, famoso e temuto gangster. Negli states Miša, o meglio Snack Daddy, come viene soprannominato, ha lasciato il suo psichiatra, in perenne contatto telefonico intercontinentale, e l'amore: per Ruenna, per il rap ma soprattutto per il consumismo nella sua versione pop e stereotipata, della quale la nuova Russia è un un pacchiano e decadente, per quanto possibile, riflesso. Per ritornare negli Stati Uniti Miša affronterà un viaggio improbabile, costellato di personaggi avvincenti e tragicomici, sesso e morte, amicizia e guerra, in un romanzo riuscitissimo che è, come viene detto nel prologo, ' anche un libro sul troppo amore'.




mercoledì 13 aprile 2011

Norman Mailer Il castello nella Foresta

Norman Mailer, Il castello nella Foresta, Einaudi 2008

voto 10/10

Quello di Norman Mailer è un libro piacevolissimo e complesso; difficile riuscire a renderne la profondità, lo stile e l'acume in poche righe ( tanto che mi verrebbe da consigliarlo come argomento di tesi di laurea). Quello che è certo è che si tratta di grande scrittura (va ricordato che Mailer ha vinto due premi Pulitzer, per Le Armate della Notte e Il Canto del Boia), gradevole e riuscitissima commistione della tradizione storico-formativa europea con lo stile asciutto e agile, pervaso da una, seppur morbida, spregiudicatezza, tipico della narrativa americana. Si tratta ancora una volta di un esempio dalla faction della tanto cara agli statunitensi, in uno dei suoi esperimenti più coraggiosi, visto l'argomento trattato, che solo la consapevolezza della propria maestria con gli strumenti della scrittura riesce ad affrontare, innalzando l'opera sopra la troppo labile linea di demarcazione tra arte e spazzatura ben confezionata. Ne ' Il Castello nella Foresta' si narra l'infanzia e l'adolescenza di Adolf Hitler dal punto di vista della limitata onniscenza di un demone che decide di esplicitare il suo rapporto di intermediario tra il diabolico e l'umano, nell'eterna lotta con il divino per la possessione dell'anima. Non si pensi però a una facile associazione diretta tra il Male e colui che del male è l'icona del Novecento; il diavolo di Mailer è astuto e allo stesso tempo ingenuo, profondo nelle sue macchinazioni per influire sull'animo umano e allo stesso tempo consapevole dell'impossibilità di comprenderlo fino in fondo, subalterno a un'autorità superiore (il Maestro) e ai limiti e agli obblighi da lei imposti, come l'assenza di memoria o il continuo peregrinare, oltre a un più che umano ( o diabolico) desiderio di riconoscimento personale e professionale. Accanto a una rigorosa indagine storiografica, corredata da un'ampia bibliografia, Il Castello nella Foresta rimane soprattutto un romanzo, dove il giovane Hitler passa spesso in secondo piano a favore dei complessi personaggi comprimari, in particolare Alois, padre del futuro dittatore. Il libro è intriso di una sessualità quasi esclusivamente incestuosa, vero motore della narrazione, alla quale si affiancano, in una pudica blasfemia, epocali vicende storiche, argute e orignali riflessioni sulla natura umana, considerazioni religiose e metafore mirate anche se mai, con esplicito avvertimento del narratore, ingenuamente dirette.

giovedì 24 marzo 2011

Thomas Pynchon Vizio di Forma

Thomas Pynchon Vizio di Forma, Einaudi 2011


voto: Sospeso


Prima di poter dare un giudizio all'ultimo libro di Pynchon mi sono ripromesso di rileggere i due romanzi che con Vizio di Forma costituiscono la cosiddetta ( o meglio dire considerata) trilogia sugli Psychedelic Sixties: L'incanto del Lotto 49 e Vineland. Non nego che molta della mia ritrosia nel giudizio sia dovuta al fatto di trovarsi a confronto con l'opera più recente di colui che è considerato universalmente come il più significativo autore del postmoderno, ancor più di Roth e DeLillo, anche a causa di una produzione centellinata benché imprescindibile, unita a un'identità ostinatamente celata, che lo avvolge di un'aura di mistica irraggiungibilità.

Certo è che Vizio di Forma è il romanzo più 'Narrativo' di Pynchon, quello che più si concede al gusto e soprattutto all'ironia propria del grande pubblico, quello dei best seller e della narrativa più formale. La vicenda si svolge nella Los Angeles fine Sessanta inizio Settanta, intrisa di tutti gli elementi iconografici ( e sì, stereotipati) che la caratterizzano: hippy e agenti del 'sistema', il terrore delle sette dopo i crimini della family di Manson, il surf e le Pantere Nere, il Vietnam e Richard Nixon. Riuscitissimi e sorprendenti tutti i personaggi, in primis il protagonista, Larry 'Doc' Sportello, detective un po' hard boiled un po' hippy, sballottato tra la rassicurante immagine di John Garfield e l'incombere della futura dipendenza tecnologica rappresentata da ARPAnet ( forse l'elemento più debole e scontato del libro). Onnipresente la colonna sonora di sottofondo (interessante procurarsi i numerosissimi brani citati e ascoltarli durante la lettura), come la nebbia psicotropa che avvolge tutta la vicenda, nella quale l'alternanza di livello conscio e non, così come il trip su nomi e vicende che coincidono in modo improbabile, disorientano sul fatto che si tratti di realtà o allucinazione paranoica tanto il lettore quanto il protagonista che, neanche a dirlo, se Marlowe aveva il tic di toccarsi l'orecchio sinistro, ha quello di accendersi uno spinello.


sabato 12 marzo 2011

Keyes Daniel Una stanza piena di gente

Daniel Keyes Una stanza piena di gente, Nord, 2009

voto 10/10

Per conoscere la vera e incredibile storia di Billy Milligan:

il podcast della puntata di dee giallo con Carlo Lucarelli
(con un clamoroso errore: 'L'uomo che cadde sulla terra' è di Walter Tevis, Keyes ha scritto 'Fiori per Algernon')
il link a wikipedia dove sono ben descritte le personalità
infine
il video giapponese nel quale a fianco di una ricostruzione vengono alternate vere immagini di repertorio


Una storia davvero incredibile, degna di un racconto di Philip Dick. Keyes romanza sapientemente la storia di Billy Milligan, attraverso un lungo rapporto con il protagonista e una minuziosa ricostruzione dei fatti attraverso i testimoni. Il libro è scioccante, affascinante e inquietante allo stesso tempo, più di 500 pagine che volano letteralmente mentre ci si addentra in una delle storie più improbabili mai raccontate.

giovedì 3 marzo 2011

Charles Willeford Miami Blues

Charles Willeford Miami Blues, Marcos Y Marcos 2003


voto 7/10

Il motore di Miami Blues è sicuramente l'improbabile. Davvero improbabile è l'omicidio che dà il via alla vicenda, ancor più improbabile, se possibile, la serie di coincidenze che ne derivano. Frederick J. Frenger jr. è, come si sa dalla prima riga, un brillante psicopatico californiano, che vive rubando identità altrui e che affronta il mondo con una innocente, e allo stesso tempo terrificante, lucidità, lasciando disorientato il lettore fino all'ultima riga. Non vi è alcuna morale, bensì una consapevole, seppur inaccettabile, certezza. Tutto è pervaso da una sorta di apatia, in alcuni casi interpretata come stupidità, in altri come delirio, che pervade il libro con un' inquieta e tragica leggerezza. Una storia criminale che non ha insistentemente né alti né bassi, neppure di fronte all'assurdo, che non entusiasma mai ma che lascia alla fine l'amaro in bocca.

martedì 1 marzo 2011

Josh Bazell Vedi di non Morire



Josh Bazell Vedi di Non Morire, Einaudi 2009

voto 9,5/10

Libro davvero davvero da raccomandare quello di Josh Bazell, letterato e medico, che esordisce con un romanzo originale,di sicuro impatto e, soprattutto, spassoso. 'Vedi di non morire' porta, con una scrittura agile, a situazioni oltre il limite dell'assurdo, ma sempre ancorate, in modo tragicomico, alla realtà. Una corsa contro il tempo costellata di elementi grotteschi, parodistici e allo stesso tempo romanticamente disincantati. Da leggere assolutamente.

Douglas E. Winter Corri!


Douglas E. Winter Corri!, Einaudi 2002

voto 6,5/10

Un libro che sembra un film, caratterizzato una scrittura fortemente paratattica che gli conferisce un ritmo incessante anche se a volte un po' troppo nervoso. Personaggi e situazione convincenti anche se entrambi in troppi casi sfuggevoli, con protagonista un mercante di armi a metà tra un colletto bianco e un guerrigliero, dotato di una morale esclusivamente sua, a volte detonatore a volte travolto dagli eventi. Per i miei gusti alcune scene troppo lunghe, in particolare l'immancabile duello finale, intriso di freeze frame e rapide zoomate, forse alla ricerca a volte di un lirismo davvero non necessario. Adrenalinico sarebbe il termine più adatto, piacevole e veloce soprattutto se non si hanno troppe pretese al di là dell'azione.

Nota di demerito i tanti refusi e un paio di traduzioni dall'inglese poco indovinate.

lunedì 28 febbraio 2011

James Crumley Il caso sbagliato L'ultimo Vero Bacio


James Crumley Il Caso Sbagliato Einaudi 2008

James Crumley L'Ultimo Vero Bacio Einaudi 2004

voto a entrambi 10/10

Impossibile tentare solo di commentare questi due capolavori nello spazio limitato di un post.
Sicuramente due libri imprescindibili nel panorama letterario dal dopoguerra.

Tibor Fischer LA GANG DEL PENSIERO ovvero la zetetica e l’arte della rapina in banca

Tibor Fischer La Gang del Pensiero ovvero la zetetica e l’arte della rapina in banca Edizioni Garzanti 1999

voto 9/10

Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia

Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia, Einaudi Stile Libero, 2008

voto 9/10

Non giudicate il libro dalla copertina; a volte proprio non ci si riesce, ma con il romanzo di Krajewsky è un consiglio da seguire. Non perché la suddetta abbia qualcosa che non va, semplicemente non riflette minimamente il contenuto del romanzo. Una foto in stile fine Ottocento inizio Novecento che rimanda a lussuriosi sogni oppiacei, donne svestite in una penombra verdognola che potrebbero essere prostitute allucinate o dame vampiro come quelle che intrappolano Harker nel castello di Dracula; se si aggiunge che Krajewsky insegna filologia classica all'università di Wroclaw (l'attuale Breslavia) di certo non si è portati a immaginare che Eberhard Mock, il protagonista della serie, possa essere un personaggio così modernamente riuscito, in un contesto di genere saturo di imitazioni, o peggio, sedicenti innovazioni, come quello del noir poliziesco.

Dave Barry Tricky Business

Dave Barry Tricky Business, Instar Libri 2004

voto 9/10

Semplicemente una storia leggera ed esilarante, veloce e originale, raccontata con vero stile.

giovedì 24 febbraio 2011

Augusten Burroughs Cunnilingusville

Augusten Borroughs Cunnilingusville, Mondadori 2007

voto 4/10

Non varrebbe nemmeno la pena di prenderlo in considerazione questo libro, ma poiché l'ho letto e mi sono ripromesso di segnalare anche i libri negativi, dico due parole due su Cunnilingusville. Sessualità (meglio il più deviata possibile), disadattamento, linguaggio esplicito e critica istituzionale vendono, e in tanti ovviamente ci provano. Chi con stile e gusto, come David Sedaris (vedi Holiday on Ice), chi con una sequela di scontati cliché, con un fare lamentoso e per niente acuto o originale come Burroughs, ottenendo come risultato lo sfogo di una checca isterica noiosa oltre che antipatica.



Stuart M. Kaminsky, Sangue e Rubli

Stuart M. Kaminsky Sangue e Rubli, HOBBY & WORK Editrice Italiana 1998

voto 7/10

Stuart M. Kaminsky, LEW FONESCA Omissione di soccorso


Stuart M. Kaminsky LEW FONESCA Omissione di soccorso, Alacran 2009

voto 6,5/10

martedì 22 febbraio 2011

Stuart M.Kaminsky Assassinio sul Sentiero Dorato


Stuart M.Kaminsky Assassinio sul Sentiero Dorato, Stile Libero Noir, 2005

voto 9/10

Stuart M. Kaminsky, nato a Chicago e appartenente al 'Rinascimento Hard Boiled' degli anni Settanta ( del quale James Crumley è sicuramente il rappresentante più significativo), è stato per il sottoscritto una vera rivelazione. Come di moltissimi autori del genere, postumi o meno celebri dei maestri Chandler e Hammet, purtroppo, almeno in Italia, si parla ancora troppo poco. Fortunatamente però negli ultimi anni si è assistito a un parziale sdoganamento di quello che può essere più o meno inserito in quel calderone che prende il nome di noir; ciò è avvenuto sicuramente grazie alla diffusione di autori best seller del genere, si legga James Ellroy, oltre all'intelligente opera divulgativa sui vari media di validi e competenti appassionati, uno su tutti Carlo Lucarelli, che tra le altre cose ha fondato con Luigi Bernardi la bellissima serie 'Noir' per Stile Libero di Einaudi. Kaminsky, oltre ad aver creato molti fortunati personaggi, in particolare Rostnikov, l'ispettore moscovita protagonista di una fortunata serie di romanzi, ha collaborato con grandi firme del cinema internazionale degli anni Settanta, contribuendo nientemeno ai dialoghi di C'era una volta in America di Sergio Leone.

Assassinio sul Sentiero Dorato riprende esplicitamente il filone Hard Boiled degli anni Quaranta e la figura del detective Toby Peters, squattrinato e solitario, donnaiolo e spesso outsider, ricorda ironicamente e con convincenti tratti di originalità i predecessori Spade e Continental Op. Al di là dell'accattivante incipit, la grottesca e tragicomica uccisione di un nano ( Marameo) sul set de Il Mago di Oz di Fleming, sicuramente uno dei tratti più interessanti del libro è la riuscitissima mescolanza tra fatti immaginari e personaggi e situazioni reali, che ascrive il romanzo nell'ormai consolidata faction, diventato ormai un genere caratteristico del postmoderno. Peters avrà a che fare infatti tra gli altri con Judy Garland, Clark Gable, Louise B.Mayer e persino, con ironia e gusto, unita a un'ovvia devozione dell'autore, con Raymond Chandler. Personaggio riuscitissimo quello creato da Kaminsky, che aggiunge tratti leggeri e originali a una tradizione ormai codificata, senza la pretesa di stravolgerla ma unendo un sincero amore per il genere a un indiscutibile talento narrativo.

Mark Z. Danielewski Casa di Foglie



Mark Z. Danielewski Casa di foglie
, Mondadori, collana Strade Blu,2005

voto 9,5/10

Kenneth Fearing Il Grande Orologio


Kenneth Fearing Il Grande Orologio, Einaudi Stile Libero, 2001

voto 8/10



Dice molto bene Luca Conti nella postfazione, quando inquadra George Stroud nelle coordinate Todoroviane:


Il delitto viene compiuto nelle prime pagine e i sospetti della polizia si concentrano su una certa persona ( il personaggio principale). Per provare la sua innocenza, costui deve industriarsi a trovare il colpevole, anche se per far ciò egli rischia la vita. Si può dire che, in questo caso, il personaggio principale è allo stesso tempo il detective, il colpevole (agli occhi della polizia) e la vittima ( potenziale) dei veri assassini.1


e allo stesso modo nota acutamente come, nonostante la coralità di voci, relative ma mai di secondo grado, focalizzate su un unico evento, la struttura del romanzo non possa ascriversi nella focalizzazione interna multipla teorizzata da Genette2. Il crimine e il colpevole si conoscono fin dall'inizio, e paradossalmente il protagonista si troverà a dover investigare su sé stesso ( con a disposizione fonti praticamente illimitate) per dimostrare la sua colpevolezza, tutto per ordine del suo capo, il vero assassino. Il libro è un susseguirsi di brevi capitoli narrati in prima persona, nella quale quasi tutti i protagonisti raccontano la parte della vicenda in cui sono coinvolti. Lo sviluppo del racconto non è quindi dato dall'evolversi delle indagini, del delitto si sa tutto subito, bensì dai tentativi del protagonista di destreggiarsi tra i meccanismi nell'enorme ingranaggio3 che lui stesso contribuisce a creare. Fearing delinea i personaggi in modo essenziale e intelligente, fa dire tutto a loro, spesso sorprendendo con un genuino e riuscito distacco dall'ovvio, finché il lettore non arriverà a sapere della faccenda più degli stessi protagonisti. Nonostante l'apparente complessità strutturale, la vicenda si sviluppa in modo lineare; i punti di vista relativi non sono quasi mai contemporanei, e il motore narrativo viene sempre alimentato da piccole porzioni di storia unite a personaggi convincenti – ad esempio la bella e riuscita la figura del barista rigattiere.

1Tzvetan Todorov, Tipologia del romanzo poliziesco, in « Paragone», n. 202, pp 3-14, 1966, poi in Poétique de la prose, pp. 55-65, Seuil, Paris 1971 (trad. it. Poetica della prosa: le leggi del racconto, Bompiani, Milano 1995)

2Di nuovo Conti si rivela molto attento nel portare come esempio di applicazione di tale teoria il film «Rashomon» di Kurosawa

3L'enorme ingranaggio è l'acuta traduzione del titolo nella prima edizione italiana

Walter Mosley Little Scarlett


Walter Mosley Little Scarlett, Einaudi Stile Libero Noir, 2008

voto 6 (politico)/10

Walter Mosley, Little Scarlet, Einaudi 2008


Booooring, direbbe un americano. Più che noioso, il libro di Mosley è in realtà davvero scontato, nonostante la palese pretesa di riflettere su grandi tematiche e nel contempo delineare personaggi memorabili. ' uno dei personaggi più complessi del noir contemporaneo, l'unico vero erede dei mitici detective privati di Hammet e Chandler' recita trionfalistica la quarta di copertina; d'accordo che bisogna venderlo, il libro, però dire due scempiaggini in due righe è un po' troppo. Bisogna ammettere che Mosley è buon narratore, con uno stile fluido e lineare, e nonostante il ritmo sia un po' discontinuo e frantumato, il risultato non entusiasma ma si lascia leggere. Una narrativa leggera che riduce però i contenuti a un elenco di cliché. Easy Rawlins non è un detective di professione, come spesso accade nel genere, bensì un reduce di colore della seconda guerra mondiale, che si trova a indagare su un omicidio durante la rivolta di Los Angeles dell'agosto del 1965.

È esplicitamente schierato dalla parte degli afroamericani, in un continuo ' la nostra povera gente contro i bianchi schiavisti e un sistema corrotto e indifferente verso di noi ', non per questo rifiutandosi, nella sua purezza di pensiero, di aiutare un bianco meritevole, dal quale riceverà, come da tutti quelli che lo conoscono, infinita gratitudine per la sua lucida pietà. Al di là della sepolta immagine dell'eroe senza macchia e senza paura, che stona ancora di più nel contesto urbano americano degli anni Sessanta, si potrebbe attribuire questa semplice unidirezionalità di pensiero come a un tentativo di contestualizzare il personaggio nella situazione storica, come a dire: un nero a Watts nel 1965 non poteva che pensarla così. Può essere un tentativo giustificato e coerente, ma di certo né complesso né troppo dignitoso, con aggravante il fatto che il libro sia stato scritto nel 2004, quando ormai ci si poteva ormai confrontare con ben altri discendenti di Hammet e Chandler. Un altro tentativo di dare alla figura di Rawlins un taglio, se non originale, almeno inusuale, è quello di attribuirgli una famiglia anticonvenzionale: due figli adottati e una moglie fedifraga. Lo aveva già fatto Crumley con acuta dolcezza, mentre Mosley ricade nel patetismo e nella patina di pudicizia che permea tutto il libro; i figli sono ovviamente due disgraziati che lui ha salvato da un futuro condannato, e va da sé, lo adorano, mentre la moglie, scappata tempo prima con nientemeno che con un principe, gli ha sempre assicurato di non avere mai avuto rapporti con l'amante. Insomma persino quando perde non ci rimette un granché, e quello che sembra il motore per una meritata scappatella si risolve con l'eroe casto che rinuncia a un amore che profuma di gioventù per non venir meno alle sue responsabilità. Insomma Rawlins è un vero vincente, e senza nemmeno molto sforzo. In una città assediata dove regna la violenza di strada lui può investigare senza problemi, senza dover escogitare intricati stratagemmi per accedere a situazioni normalmente vietate al comune cittadino poiché, quasi intuendo la sua immacolata missione di giustizia, il potente vicecapo della polizia gli conferisce un lasciapassare che gli permette di circolare ovunque senza dover dare spiegazioni di sorta alle varie autorità. La realtà degli eroi hard boiled è costituita, e qui sta gran parte del loro fascino, dai reietti della società: spacciatori, prostitute, baristi malfamati, truffatori e piccoli delinquenti. Anche nelle sue conoscenze delinquenziali l'eroe di Mosley è particolarmente fortunato: uno è semplicemente il criminale il più pericoloso di L.A. (sic!), mentre l'altro, piccolo truffatore, è un genio indiscusso, e ovviamente entrambi devono all'eroe la loro preziosa gratitudine.

Quando ha bisogno di curarsi Rawlins si rivolge a una misteriosa maga, depositaria di atavici rimedi tribali molto più efficaci di una qualsiasi medicina dell'uomo bianco, che ottusamente non riconosce la validità e il fascinoso potere delle tradizioni degli afroamericani; vien da pensare ai bei tempi in cui i detective si imbottivano di anfetamine e codeina per guidare milleduecento chilometri senza essere sopraffatti da stanchezza e dolore.

Persino i sogni di Rawlins sono chiari ed espliciti ( davvero ridicola la metafora onirica di lui che cerca motivazioni per continuare a pulire una realtà destinata a sporcarsi).

Insomma l'eroe di Mosley è un donnaiolo, invincibile, generoso, corretto, determinato, con le idee chiare, fortunato e modesto;


'La mia fortuna era incredibile. Mi bastava stare alla scrivania, e tutto quello che volevo – sesso, amore, informazioni...- mi arrivava per telefono o bussando alla porta .'


risultando davvero superato, fuori luogo o semplicemente noioso, soprattutto per la pretesa, palese e assolutamente non riuscita, di conferire al libro un tono memorabile, proprio perché tenta di inserirsi in un genere che deve la sua grandezza al superamento, troppi anni prima, proprio di quei cliché dai quali trae forza il protagonista di Little Scarlet.




Marek Krajewski Fortezza Breslavia


Marek Krajewski Fortezza Breslavia, Einaudi Stile Libero, 2009

voto 7,5 /10

Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia


Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia, Einaudi Stile Libero, 2008

voto 9/10

a breve il commento di questo splendido libro