lunedì 28 febbraio 2011
James Crumley Il caso sbagliato L'ultimo Vero Bacio
James Crumley Il Caso Sbagliato Einaudi 2008
James Crumley L'Ultimo Vero Bacio Einaudi 2004
voto a entrambi 10/10
Impossibile tentare solo di commentare questi due capolavori nello spazio limitato di un post.
Sicuramente due libri imprescindibili nel panorama letterario dal dopoguerra.
Tibor Fischer LA GANG DEL PENSIERO ovvero la zetetica e l’arte della rapina in banca
Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia
voto 9/10
Non giudicate il libro dalla copertina; a volte proprio non ci si riesce, ma con il romanzo di Krajewsky è un consiglio da seguire. Non perché la suddetta abbia qualcosa che non va, semplicemente non riflette minimamente il contenuto del romanzo. Una foto in stile fine Ottocento inizio Novecento che rimanda a lussuriosi sogni oppiacei, donne svestite in una penombra verdognola che potrebbero essere prostitute allucinate o dame vampiro come quelle che intrappolano Harker nel castello di Dracula; se si aggiunge che Krajewsky insegna filologia classica all'università di Wroclaw (l'attuale Breslavia) di certo non si è portati a immaginare che Eberhard Mock, il protagonista della serie, possa essere un personaggio così modernamente riuscito, in un contesto di genere saturo di imitazioni, o peggio, sedicenti innovazioni, come quello del noir poliziesco.
Dave Barry Tricky Business
voto 9/10
Semplicemente una storia leggera ed esilarante, veloce e originale, raccontata con vero stile.
giovedì 24 febbraio 2011
Augusten Burroughs Cunnilingusville
voto 4/10
Non varrebbe nemmeno la pena di prenderlo in considerazione questo libro, ma poiché l'ho letto e mi sono ripromesso di segnalare anche i libri negativi, dico due parole due su Cunnilingusville. Sessualità (meglio il più deviata possibile), disadattamento, linguaggio esplicito e critica istituzionale vendono, e in tanti ovviamente ci provano. Chi con stile e gusto, come David Sedaris (vedi Holiday on Ice), chi con una sequela di scontati cliché, con un fare lamentoso e per niente acuto o originale come Burroughs, ottenendo come risultato lo sfogo di una checca isterica noiosa oltre che antipatica.
martedì 22 febbraio 2011
Stuart M.Kaminsky Assassinio sul Sentiero Dorato
Stuart M.Kaminsky Assassinio sul Sentiero Dorato, Stile Libero Noir, 2005
voto 9/10
Stuart M. Kaminsky, nato a Chicago e appartenente al 'Rinascimento Hard Boiled' degli anni Settanta ( del quale James Crumley è sicuramente il rappresentante più significativo), è stato per il sottoscritto una vera rivelazione. Come di moltissimi autori del genere, postumi o meno celebri dei maestri Chandler e Hammet, purtroppo, almeno in Italia, si parla ancora troppo poco. Fortunatamente però negli ultimi anni si è assistito a un parziale sdoganamento di quello che può essere più o meno inserito in quel calderone che prende il nome di noir; ciò è avvenuto sicuramente grazie alla diffusione di autori best seller del genere, si legga James Ellroy, oltre all'intelligente opera divulgativa sui vari media di validi e competenti appassionati, uno su tutti Carlo Lucarelli, che tra le altre cose ha fondato con Luigi Bernardi la bellissima serie 'Noir' per Stile Libero di Einaudi. Kaminsky, oltre ad aver creato molti fortunati personaggi, in particolare Rostnikov, l'ispettore moscovita protagonista di una fortunata serie di romanzi, ha collaborato con grandi firme del cinema internazionale degli anni Settanta, contribuendo nientemeno ai dialoghi di C'era una volta in America di Sergio Leone.
Assassinio sul Sentiero Dorato riprende esplicitamente il filone Hard Boiled degli anni Quaranta e la figura del detective Toby Peters, squattrinato e solitario, donnaiolo e spesso outsider, ricorda ironicamente e con convincenti tratti di originalità i predecessori Spade e Continental Op. Al di là dell'accattivante incipit, la grottesca e tragicomica uccisione di un nano ( Marameo) sul set de Il Mago di Oz di Fleming, sicuramente uno dei tratti più interessanti del libro è la riuscitissima mescolanza tra fatti immaginari e personaggi e situazioni reali, che ascrive il romanzo nell'ormai consolidata faction, diventato ormai un genere caratteristico del postmoderno. Peters avrà a che fare infatti tra gli altri con Judy Garland, Clark Gable, Louise B.Mayer e persino, con ironia e gusto, unita a un'ovvia devozione dell'autore, con Raymond Chandler. Personaggio riuscitissimo quello creato da Kaminsky, che aggiunge tratti leggeri e originali a una tradizione ormai codificata, senza la pretesa di stravolgerla ma unendo un sincero amore per il genere a un indiscutibile talento narrativo.
Kenneth Fearing Il Grande Orologio
Kenneth Fearing Il Grande Orologio, Einaudi Stile Libero, 2001
voto 8/10
Dice molto bene Luca Conti nella postfazione, quando inquadra George Stroud nelle coordinate Todoroviane:
Il delitto viene compiuto nelle prime pagine e i sospetti della polizia si concentrano su una certa persona ( il personaggio principale). Per provare la sua innocenza, costui deve industriarsi a trovare il colpevole, anche se per far ciò egli rischia la vita. Si può dire che, in questo caso, il personaggio principale è allo stesso tempo il detective, il colpevole (agli occhi della polizia) e la vittima ( potenziale) dei veri assassini.1
e allo stesso modo nota acutamente come, nonostante la coralità di voci, relative ma mai di secondo grado, focalizzate su un unico evento, la struttura del romanzo non possa ascriversi nella focalizzazione interna multipla teorizzata da Genette2. Il crimine e il colpevole si conoscono fin dall'inizio, e paradossalmente il protagonista si troverà a dover investigare su sé stesso ( con a disposizione fonti praticamente illimitate) per dimostrare la sua colpevolezza, tutto per ordine del suo capo, il vero assassino. Il libro è un susseguirsi di brevi capitoli narrati in prima persona, nella quale quasi tutti i protagonisti raccontano la parte della vicenda in cui sono coinvolti. Lo sviluppo del racconto non è quindi dato dall'evolversi delle indagini, del delitto si sa tutto subito, bensì dai tentativi del protagonista di destreggiarsi tra i meccanismi nell'enorme ingranaggio3 che lui stesso contribuisce a creare. Fearing delinea i personaggi in modo essenziale e intelligente, fa dire tutto a loro, spesso sorprendendo con un genuino e riuscito distacco dall'ovvio, finché il lettore non arriverà a sapere della faccenda più degli stessi protagonisti. Nonostante l'apparente complessità strutturale, la vicenda si sviluppa in modo lineare; i punti di vista relativi non sono quasi mai contemporanei, e il motore narrativo viene sempre alimentato da piccole porzioni di storia unite a personaggi convincenti – ad esempio la bella e riuscita la figura del barista rigattiere.
1Tzvetan Todorov, Tipologia del romanzo poliziesco, in « Paragone», n. 202, pp 3-14, 1966, poi in Poétique de la prose, pp. 55-65, Seuil, Paris 1971 (trad. it. Poetica della prosa: le leggi del racconto, Bompiani, Milano 1995)
2Di nuovo Conti si rivela molto attento nel portare come esempio di applicazione di tale teoria il film «Rashomon» di Kurosawa
3L'enorme ingranaggio è l'acuta traduzione del titolo nella prima edizione italiana
Walter Mosley Little Scarlett
Walter Mosley Little Scarlett, Einaudi Stile Libero Noir, 2008
voto 6 (politico)/10
Walter Mosley, Little Scarlet, Einaudi 2008
Booooring, direbbe un americano. Più che noioso, il libro di Mosley è in realtà davvero scontato, nonostante la palese pretesa di riflettere su grandi tematiche e nel contempo delineare personaggi memorabili. ' uno dei personaggi più complessi del noir contemporaneo, l'unico vero erede dei mitici detective privati di Hammet e Chandler' recita trionfalistica la quarta di copertina; d'accordo che bisogna venderlo, il libro, però dire due scempiaggini in due righe è un po' troppo. Bisogna ammettere che Mosley è buon narratore, con uno stile fluido e lineare, e nonostante il ritmo sia un po' discontinuo e frantumato, il risultato non entusiasma ma si lascia leggere. Una narrativa leggera che riduce però i contenuti a un elenco di cliché. Easy Rawlins non è un detective di professione, come spesso accade nel genere, bensì un reduce di colore della seconda guerra mondiale, che si trova a indagare su un omicidio durante la rivolta di Los Angeles dell'agosto del 1965.
È esplicitamente schierato dalla parte degli afroamericani, in un continuo ' la nostra povera gente contro i bianchi schiavisti e un sistema corrotto e indifferente verso di noi ', non per questo rifiutandosi, nella sua purezza di pensiero, di aiutare un bianco meritevole, dal quale riceverà, come da tutti quelli che lo conoscono, infinita gratitudine per la sua lucida pietà. Al di là della sepolta immagine dell'eroe senza macchia e senza paura, che stona ancora di più nel contesto urbano americano degli anni Sessanta, si potrebbe attribuire questa semplice unidirezionalità di pensiero come a un tentativo di contestualizzare il personaggio nella situazione storica, come a dire: un nero a Watts nel 1965 non poteva che pensarla così. Può essere un tentativo giustificato e coerente, ma di certo né complesso né troppo dignitoso, con aggravante il fatto che il libro sia stato scritto nel 2004, quando ormai ci si poteva ormai confrontare con ben altri discendenti di Hammet e Chandler. Un altro tentativo di dare alla figura di Rawlins un taglio, se non originale, almeno inusuale, è quello di attribuirgli una famiglia anticonvenzionale: due figli adottati e una moglie fedifraga. Lo aveva già fatto Crumley con acuta dolcezza, mentre Mosley ricade nel patetismo e nella patina di pudicizia che permea tutto il libro; i figli sono ovviamente due disgraziati che lui ha salvato da un futuro condannato, e va da sé, lo adorano, mentre la moglie, scappata tempo prima con nientemeno che con un principe, gli ha sempre assicurato di non avere mai avuto rapporti con l'amante. Insomma persino quando perde non ci rimette un granché, e quello che sembra il motore per una meritata scappatella si risolve con l'eroe casto che rinuncia a un amore che profuma di gioventù per non venir meno alle sue responsabilità. Insomma Rawlins è un vero vincente, e senza nemmeno molto sforzo. In una città assediata dove regna la violenza di strada lui può investigare senza problemi, senza dover escogitare intricati stratagemmi per accedere a situazioni normalmente vietate al comune cittadino poiché, quasi intuendo la sua immacolata missione di giustizia, il potente vicecapo della polizia gli conferisce un lasciapassare che gli permette di circolare ovunque senza dover dare spiegazioni di sorta alle varie autorità. La realtà degli eroi hard boiled è costituita, e qui sta gran parte del loro fascino, dai reietti della società: spacciatori, prostitute, baristi malfamati, truffatori e piccoli delinquenti. Anche nelle sue conoscenze delinquenziali l'eroe di Mosley è particolarmente fortunato: uno è semplicemente il criminale il più pericoloso di L.A. (sic!), mentre l'altro, piccolo truffatore, è un genio indiscusso, e ovviamente entrambi devono all'eroe la loro preziosa gratitudine.
Quando ha bisogno di curarsi Rawlins si rivolge a una misteriosa maga, depositaria di atavici rimedi tribali molto più efficaci di una qualsiasi medicina dell'uomo bianco, che ottusamente non riconosce la validità e il fascinoso potere delle tradizioni degli afroamericani; vien da pensare ai bei tempi in cui i detective si imbottivano di anfetamine e codeina per guidare milleduecento chilometri senza essere sopraffatti da stanchezza e dolore.
Persino i sogni di Rawlins sono chiari ed espliciti ( davvero ridicola la metafora onirica di lui che cerca motivazioni per continuare a pulire una realtà destinata a sporcarsi).
Insomma l'eroe di Mosley è un donnaiolo, invincibile, generoso, corretto, determinato, con le idee chiare, fortunato e modesto;
'La mia fortuna era incredibile. Mi bastava stare alla scrivania, e tutto quello che volevo – sesso, amore, informazioni...- mi arrivava per telefono o bussando alla porta .'
risultando davvero superato, fuori luogo o semplicemente noioso, soprattutto per la pretesa, palese e assolutamente non riuscita, di conferire al libro un tono memorabile, proprio perché tenta di inserirsi in un genere che deve la sua grandezza al superamento, troppi anni prima, proprio di quei cliché dai quali trae forza il protagonista di Little Scarlet.
Marek Krajewski Fortezza Breslavia
Marek Krajewski La Fine del Mondo a Breslavia
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